Contributo alla commissione per la epidemiologia e fisiopatologia dell'incontinenza e dei difetti del supporto. All'attenzione del Dr. G. Baudino, responsabile della commissione.
Mario Pescatori Unità di Colonproctologia. Nuova Villa Claudia. Roma
INCONTINENZA ANALE
E' la incapacità di rimandare lo stimolo all'evacuazione ad un tempo e luogo socialmente accettabili. Dipende dalla complessa relazione tra la funzione sfinterica la sensazione anale e rettale ed una normale anatomia della pelvi. La vera incidenza della incontinenza anale è sconosciuta. Una indagine su circa 15.000 soggetti di età superiore ai 15 anni, in due quartieri di Londra, ha fissato la incidenza del problema nel 4.3 per 1.000 della popolazione (Thomas et al, Community med 1984). L’incontinenza anale è invece più frequente, 10.3%, fra i pazienti anziani di istituti di riposo (Tobin et al, Age & Ageing, 1986). In Italia esiste da anni L’AISTOM, Associazione Italiana Stomizzati che si occupa ufficialmente anche dei pazienti con incontinenza anale. Il problema mostra però carenze nelle Istituzioni e nella opinione pubblica, se è vero che una indagine epistolare condotta dal nostro Centro nel 1998 al fine di indagare sulla incidenza del problema negli istituti di riposo a Roma e provincia, non ha avuto risposta da alcuno di essi. Il “tabù” rappresentato dalla perdita delle feci connesso ad una idea di "vergogna-sporco-handicap” nonché l’errata convinzione in molti pazienti e in alcuni medici generali che non vi sia alcun rimedio clinico efficace, inducono chi soffre di incontinenza anale a non cercare aiuto tra gli specialisti. Inoltre, sia il chirurgo generale che il gastroenterologo spesso non vedono l'incontinenza anale né fra i temi delle loro idoneità a primario né fra i capitoli dei loro libri di testo. L'incontinenza è in effetti una patologia “di confine”, che riguarda anche il neurologo, il ginecologo, l'ortopedico, lo psicologo e l'urologo. Come tale richiederebbe un approccio multidisciplinare spesso carente. Nella nostra Associazione delle Unità di Colonproctologia (UCP Club), un centro, per affiliarsi, deve avere i sopra menzionati specialisti. Un recente articolo pubblicato da chirurghi gastroenterologi e ginecologi (Sultan et al, N. Eng. J. Med. 1996), dimostra che il 40% delle pluripare e il 10% delle primipare hanno una incontinenza anale latente, svelabile solo attraverso indagini strumentali quali ecografia, manometria anale e EMG sfinteriale e sospettabile solo attraverso una accurata e insistente anamnesi. Una recente inchiesta condotta dalla nostra Unità di Colonproctologia presso un gruppo di ginecologi privati, ospedalieri e universitari, ha dimostrato che il problema era totalmente misconosciuto
I fattori dell'incontinenza anale sono sostanzialmente tre: il serbatoio rettale, gli sfinteri anali e la consistenza delle feci. Uno o più di questi fattori può essere carente e la fisiopatologia dell'incontinenza anale nel singolo paziente può essere concretamente ipotizzata fin da una accurata anamnesi: ad esempio in un soggetto con rettocolite ulcerosa vi sarà un deficit del 1° e del 3° fattore per fibrosi rettale e diarrea, in una donna sottoposta a “generosa" episiotomia, vi sarà un deficit del 2° (per lesione dello sfintere esterno), in un operato di resezione anteriore del retto per tumore, vi sarà un deficit del 1°, poiché il retto è stato asportato in tutti o in parte.
Si intende per incontinenza anale completa la perdita del controllo sulle feci solide; per incontinenza anale parziale la perdita di controllo sui flati
e sulle feci liquide. Esistono oltre 10 classificazioni dell'incontinenza anale, ma solo poche di queste tengono conto sia della gravità che della frequenza
degli episodi di incontinenza. Le tre classificazioni più usate, che implicano anche l'uso di uno score per valutare numericamente i sintomi, sono quelle
di PIS, Wexte e AMS (Kamm et al, Gut 1999). La prima, da noi proposta (Dis Colon Rectum 1995), definisce con A, B, C - la perdita di muco-flati, feci
liquide e feci solide; con 1, 2, e 3, la frequenza occasionale, settimanale, giornaliera. Più di recente un gruppo di perineologi (Artibani, Dodi et al)
ha concepito e diffuso un sistema di acronimi che tenga conto delle lesioni associate in questi pazienti (es. prolasso del retto, incontinenza urinaria,
ecc.) e rappresenti una comune classificazioni clinica per gli specialisti del perineo anteriore, medio e posteriore. Una classificazione clinico-eziologica
della incontinenza anale è stata proposta da Rothenberger, in Current Surgical Therapy e modificata da Wexner in Fundamental of Anorectal Surgery, ed
è la seguente:
Pseudoincontinenza Soiling perineale: prolasso mucoso del retto, prolasso emorroidario, defecazione incompleta, scarsa igiene, fistola anale, dermatosi,
malattie anorettali sessualmente trasmesse, neoplasie anorettali. Urgenza defecatoria: retto non distensibile, proctite postattinica, proctocolite, assenza
del serbatoio rettale, sindrome dell'intestino irritabile.
Incontinenza da reflusso fecaloma, encopresi, farmaci antimotori, psicofarmaci, neoplasie rettali. Incontinenza con pavimento pelvico normale stati
diarroici, proctocolite, intestino corto, abuso di lassativi, infezioni (parassitarie, batteriche, da tossine), occlusione intestinale intermittente Malattie
sistemiche neoplasie e lesioni cerebro spinali, demenza, ictus, sclerosi multipla, neopatia diabetica.
Incontinenza con pavimento pelvico anormale lesioni sfinteriali: ostetriche, traumatiche. iatrogene, neoplastiche, infiammatorie, da prolasso del retto
anomalie congenite spina bifida ano imperforato, mielomeningocele Denervazione del pavimento pelvico: neuropatie del pudendo sindrome del perineo discendente,
traumatismi, invecchiamento, infiltrazione neoplastica Secondo un nostro recente studio, presentato al congresso europeo di colonproctologia di Monaco,
l'eziologia gioca un ruolo nella prognosi dell'incontinenza anale. In una indagine su oltre 600 pazienti, infatti, quelli legati a prolasso del retto
e a anomalie congenite mostravano i sintomi più severi e più spesso richiedevano l'intervento chirurgico. Questo è stato effettuato presso il nostro Centro
in oltre 150 casi (in prevalenza sfinteroplastiche, in parte associate a prolassectomia).
SINDROME DEL PERINEO DISCENDENTE E DENERVAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO
Si intende con perineo discendente una discesa del piano perineale posteriore in ponzamento superiore ai due centimetri con il/la paziente in posizione laterale di sinistra di Sims. Tale anomalia è controllabile con la semplice ispezione, ma può essere meglio quantificata con un apposito strumento detto perineometro. Ogni lesione della normale innervazione sensitiva e motoria del pavimento pelvico può provocare incontinenza anale. Tale denervazione può essere il risultato di neuropatia del pudendo, perineo discendente o altre cause come prima indicato. Quella che era una volta classificata come incontinenza idiopatica, è ora valutabile con test fisiologici del pavimento vico e meglio definita di conseguenza. L'incontinenza può derivare da una lesione occulta del nervo pudendo, durante il parto vaginale oppure da uno stiramento associato con eccessiva discesa perineale da cronico sforzo durante la defecazione nella stipsi.
PROLASSO COMPLETO DEL RETTO
Il prolasso del retto è più nell'età avanzata e nel sesso femminile. Oltre il 50% delle donne con prolasso del retto hanno più di 70 anni (Loygue et al, Dis Colon Rectum 1984). In due terzi dei casi colpisce donne pluripare. I fattori predisponenti sono: la demenza senile, lo sforzo defecatorio, la stipsi, l'ipermotilità del colon sigmoideo, i parti vaginali, i disordini neurologici. Fra le pluripare con prolasso del retto, molte riferiscono una storia di trauma ostetrico o di dilatazione anale: in queste pazienti la pressione sfinteriale è ridotta e l'angolo retto-anale più ampio; la latenza del pudendo è allungata come nei soggetti con incontinenza fecale neuropatica. Detto anche procidenza è associato con incontinenza anale in oltre 50% dei casi (Parks, Proc R Soc Med 1975). Nei casi in cui il prolasso è associato con incontinenza, studi EMG hanno dimostrato denervazione del pavimento pelvico e degli sfinteri anali (Snooks et al, Gut 1985). Non è chiaro se la denervazione è causata dal solo prolasso rettale o è il risultato dello stiramento dei nervi pudendi, legato a precedenti sforzi defecatori. Al prolasso rettale completo sono associate in genere altre lesioni pelvi-perineali: ampliamento o perdita dell'angolo retto anale, che è uno dei fattori della continenza, solitamente dovuto alla integrità anatomica e funzionale del muscolo pubo rettale, palpabile con una esplorazione rettale, manovra effettuata di routine dal proctologo e dall'urologo, che anche il ginecologo potrebbe effettuare nelle sue pazienti, specie se riferiscono incontinenza anale o se sono pluripare. Abnorme discesa del cavo peritoneale di Douglas, con associato prolasso interno delle anse dell'intestino tenue (enterocele) o del sigma (sigmoidocele). Distacco del retto dalla concavità sacrale. Spesso al prolasso del retto si associano stipsi. Questa può essere di due tipi, in base alla eziopatogenesi; stipsi da rallentato transito e stipsi da ostruita defecazione, detta anche anismo, che rappresenta il 65% dei casi di stipsi ed è più frequente nei soggetti di sesso femminile. La presenza di stipsi può controindicare una rettopessi al sacro per via addominale, che la aggraverebbe. Novanta dei 130 pazienti da noi operati per prolasso del retto hanno avuto un intervento perineale.
RETTOCELE E PROLASSO MUCOSO DEL RETTO
Al rettocele è spesso associato, secondo la nostra esperienza nell'80% dei casi, un prolasso mucoso interno del retto, in genere anteriore. Secondo la nostra classificazione, che è stata validata ai recente con uno studio clinico (Pescatori e Quondamcarlo, Int J Colorect Dis 1999), il prolasso mucoso interno si definisce di 1° grado quando, alla proctoscopia, in ponzamento, oltrepassa l'anello anorettale, di 2° grado quando giunge alla linea dentata; di 3° grado quando giunge alla rima anale. Se la oltrepassa distalmente, il prolasso mucoso di definisce esterno. Spesso per precisarne esattamente le dimensioni, è opportuno visitare il/la paziente in posizione accovacciata. Esiste una correlazione fra l'entità del prolasso e i sintomi, in genere rappresentati da stipsi con ostruita defecazione, nei casi di 2° grado o 3° grado vi può essere una sindrome dell'ulcera solitaria del retto, che si può presentare in 3 varianti: a) iperemia mucosa localizzata, b) pseudopolipo, che può simulare un tumore, c) ulcera solitaria vera e propria. Questa lesione, istologicamente rappresentata da una iperplasia della muscolaris mucosae, è in genere dovuta a lesioni ischemiche della mucosa rettale anteriore prolassata e "intrappolata” fra sfinteri ipertonici. Una contrazione paradossa del pubo rettale, ovvero un mancato rilasciamento in fase di spinta defecatoria, può aggravare il quadro. A soffrire di tale sindrome, che può provocare rettorragia e mucorrea, sono più spesso le donne fra i 30 e i 40 anni. La paziente con i sintomi legati a un rettocele è in genere di sesso femminile, di media età, spesso con una storia di isterectomia o di chirurgia anale, e riferisce autodigitazione vaginale per facilitare l'espulsione delle feci. All'esame obbiettivo si può riscontrare anche un cistocele o un enterocele. 11 rettocele può essere anche definito da pulsione o da trazione o può essere classificato in gradi, ma non tutti gli autori su questo sono d'accordo. Circa metà (71 su 135) dei pazienti operati nel nostro centro per stipsi avevano un rettocele. Oltre il 90% (65) erano di sesso femminile. Un quarto e stato operato per via perineo-vaginale (levatorplastica). Il ginecologo in genere è portato ad una valutazione perineale anteriore del rettocele, ovvero a valutarne gli effetti sulla parete vaginale posteriore e la sintomatologia nella sfera ginecologica. Così esegue abitualmente un approccio chirurgico transvaginale e/o transperineale. Il proctologo invece focalizza di più la sua attenzione sugli effetti del rettocele a livello perineale posteriore ed endoanale, esamina in genere il/la paziente che giunge a lui per stipsi ed è portato più spesso ad un approccio transanale poiché è consapevole di quanto sia frequente nei pazienti con rettocele la stipsi dovuta a un prolasso mucoso interno del retto, che non può essere asportato per via perineale. Un approccio combinato ed equilibrato può invece dare il massimo dei risultati. Più che mai nell'inquadramento del rettocele, che è una tipica patologia di confine, è necessario un eclettico approccio “perineologico”, che potrà dare il massimo dei risultati.