Dispositivi protesici possono essere utilizzati per correggere o compensare i disordini della continenza urinaria femminile sia come ausilio nel programma e nel progetto terapeutico (valutazione prognostica con “pessary test” sia clinica che urodinamica) sia come terapia per se’ quando esistano controindicazioni alla chirurgia (rischio anestesiologico elevato, gravi patologie respiratorie o cardiocircolatorie, rifiuto della paziente all'intervento, etc.).
È quindi importante conoscere i dispositivi protesici, valutarli, considerarli sempre come un'ipotesi terapeutica, con i loro limiti ma anche con le loro adeguate e corrette indicazioni.
Attualmente esistono pochi lavori scientifici significativi e ricerche in tema di dispositivi per il trattamento dell'incontinenza urinaria. Tuttavia si è ritenuta necessaria la loro valutazione, sia per un aggiornamento sulle attuali conoscenze sull'argomento, sia per eventualmente evidenziare la necessità di ulteriori studi.
DISPOSITIVI PER IL TRATTAMENTO DELL’I.U. CONSEGUENTE A DEFICIT DI SVUOTAMENTO NON NEUROGENICO.
Il trattamento della ritenzione urinaria prevede il cateterismo permanente o intermittente.
Nativ et al. hanno descritto l'uso di un dispositivo intrauretrale siliconato con una pompa per lo svuotamento vescicale. Lo studio è descrittivo e non controllato e coinvolge un esiguo numero di pazienti (15 casi).
Glen et al. nell’agosto 1999 hanno pubblicato uno studio analogo riferendo anch'essi di interessanti risultati con l'utilizzo della stessa metodica.
La morbidità riportata è minima anche se non vi sono, in entrambi i lavori, riferimenti circa gli effetti del dispositivo sull’integrità dell'uretra stessa.
DISPOSITIVI PER IL TRATTAMENTO DELL’I.U. CONSEGUENTE A DEFICIT URETRALE.
1.Dispositivi di supporto per il collo vescicale.
Il supporto del collo vescicale per migliorare la continenza urinaria è stato raggiunto con variabili successi attraverso l'utilizzo di:
- tamponi vaginali;
- pessari vaginali tradizionali e diaframmi contraccettivi;
- dispositivi intravaginali espressamente progettati per il sostegno del collo vescicale.
Esistono numerosi lavori scientifici sull'argomento. La qualità degli studi varia in relazione ai singoli elaborati ed ai relativi ricercatori. I risultati di molte delle ricerche condotte sono state presentate in occasione di convegni scientifici internazionali, ma la maggior parte di essi attiene a studi condotti in laboratorio, mentre gli studi clinici si riferiscono a controlli effettuati per tempi estremamente brevi.
I criteri di “miglioramento" o di "guarigione" sono diversi tra i vari Autori ed i tassi di abbandono da parte delle pazienti (drop-outs) sono considerevolmente alti.
Tra quelli consultati abbiamo tenuto conto in particolare di tre studi da noi valutati come significativi e comunque tra i più recenti:
An open study of the bladder neck support prosthesis in genuine stress incontinence, Kate H, Moore et al., British Journal of Obst & Gynaec., January 1999, vol. 106, pp.42.49;
Effect of a vaginal device on quality of life with urinary stress incontinence, Pia Sander et al., Obstet Gynecol. 1999, 93; 407-11;
A bladder-neck support prosthesis for women with stress and mixed incontinence, G. Willy Davila et al., Obstet. Gynecol. 1999, 93; 938-42.
Gli studi considerati non possono essere valutati in combinazione per metanalisi in quanto hanno utilizzato diversi dispositivi anti-incontinenza, diverse metodologie di ricerca ed il numero di soggetti studiati è estremamente ridotto.
Tutti i lavori hanno dimostrato miglioramenti del sintomo incontinenza, anche se evidentemente i risultati più significativi sono stati ottenuti nel trattamento delle forme medio-moderate.
Gli Autori riportano unanimemente effetti collaterali minimi e nessun caso di ritenzione urinaria significativa. Pressoché assenti anche le infezioni urinarie e le flogosi vaginali.
I dispositivi per il supporto vaginale dovrebbero essere sempre considerati nelle consultazioni cliniche in pazienti affette da incontinenza urinaria. Nella valutazione della metodica tuttavia si dovrà tener conto della mancanza di studi comparativi, di risultati a lungo termine, della sicurezza nel loro utilizzo, dei costi e della qualità di vita. Sarebbe auspicabile condurre, a riguardo, ricerche cliniche di maggiore significatività statistica.
2.Dispositivi occlusivi.
Si tratta di dispositivi che ostacolano la perita di urina agendo attraverso un meccanismo di occlusione del meato uretrale esterno.
Alcuni di essi sono attualmente in commercio ed utilizzano sostanze adesive o effetto ventosa di lieve entità per aderire a livello meatale prevenendo così la perdita di urina attraverso un mero meccanismo di chiusura "ab externo”. Non sono tuttavia stati pubblicati lavori di rilievo su tale argomento.
Abbiamo considerato un solo studio, condotto da Eckford et al., nel quale vengono riferiti miglioramenti significativi. I risultati sono valutati utilizzando diari minzionali, pad tests, e la compilazione di una scala sintomatologica da parte della paziente. Lo studio riporta l'utilizzo del metodo in 19 donne (età media 47 aa) affette da IUS. 17 di queste donne sottoposte a trattamento sono state considerate migliorate o guarite. Purtroppo non è stato effettuato alcuno studio comparativo con altre metodiche o con altri dispositivi o utilizzate équipes mediche diverse per la valutazione dei risultati.
Possiamo pertanto ragionevolmente ammettere che, pur considerando il metodo teoricamente efficace, occorrerà maggiore ricerca sull'argomento prima di promuoverne l'utilizzo.
3.Dispositivi intrauretrali.
Si tratta di dispositivi che inseriti all'interno dell'uretra esplicano un effetto occlusivo. Parliamo di dispositivi ad uso singolo, usa e getta, che possono essere utilizzati dalla paziente per l'applicazione, al fine di raggiungere la continenza, e la rimozione per ottenere la minzione, e di dispositivi il cui utilizzo richiede, per l'applicazione, l'intervento del medico.
Staskin riporta uno studio condotto per quattro mesi su 135 pazienti delle 215 che utilizzavano un dispositivo intrauretrale monouso, con un'estremità munita di palloncino gonfiato con applicatore. Il palloncino veniva sgonfiato dall'esterno, agendo su un filo situato nella porzione iuxtameatale, per permetterne la rimozione e la minzione. Attraverso esami urodinamici l'Autore ha escluso pazienti con urge incontinence distinguendo le patologie con ipermobilità uretrale dalle deficienze uretrali intrinseche.
La gran parte delle pazienti utilizzatrici di dispositivi intrauretrali ha dimostrato buoni risultati sulla continenza, con tassi di guarigione obiettiva e soggettiva di oltre il 70%. I maggiori effetti collaterali negativi sono stati rappresentati dalle infezioni urinarie e dall'ematuria.
Anche in questo caso l'insufficiente presenza di studi condotti con metodiche adeguate per significatività impone cautela nell'utilizzo di tali dispositivi, la cui efficacia ed assenza di effetti dannosi è ancora da dimostrare completamente.
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI GENERALI.
Non è possibile, al momento, tracciare delle linee-guida poiché sono ancora necessarie ricerche scientifiche, di adeguato livello qualitativo, con significativi follow-up per esprimere un parere sull'effettiva e razionale capacità terapeutica delle protesi per il trattamento dell'incontinenza urinaria femminile, specie quando il loro utilizzo si protrae nel tempo.
Condizione per esprimere un giudizio clinico efficace sarà il valutare i singoli dispositivi tra loro e, quindi, compararli con altre metodiche terapeutiche, mediche o chirurgiche, analizzandone obiettivamente i risultati.
Maurizio Bologna
Commissione AIUG per le linee guida nella
terapia medica, riabilitativa e protesica dell'incontinenza urinaria.
Il presente elaborato è stato ottenuto dopo consultazione di MEDLINE relativa agli anni 1989-1999. Sono stati esaminati soltanto i dispositivi attualmente in uso ed in commercio, mentre non sono stati considerati i dispositivi non in vendita oppure quelli per i quali sono stati fabbricati pochi esemplari o soltanto prototipi.