M.PORENA, E.COSTANTINI
Clinica Urologica, Università degli Studi, Perugia
INTRODUZIONE
La risposta chirurgica a questa problematica è stata, nel tempo, varia ed articolata con un grande numero di interventi con approccio sia vaginale che addominale; tutto ciò a riprova del fatto che non esiste un intervento unico ed ideale per ogni paziente ma che questo deve essere modulato rispetto a vari elementi.
CHIRURGIA ADDOMINALE
SACROPESSIA
La storia della Colpopessia sacrale nasce nel 1961 con Falk e nel tempo la tecnica ha subito diverse modifiche. Tra queste senz'altro importante è stata l'introduzione, negli ultimi 15 anni, dei materiali eterologhi. Il grave prolasso genitale, con perdita di ogni tipo di connessione legamentosa e di ogni rapporto anatomico stabile, necessita di supporti cospicui che solo una chirurgia protesica addominale sembra al momento garantire.
L' intervento era stato ideato inizialmente per il prolasso della volta vaginale dopo isterectomia, attualmente però le indicazioni sono state estese anche ai casi di grave prolasso utero-vaginale ed ai colpoceli anteriori di III-IV°. Per le caratteristiche proprie di questo intervento che permettono un ancoraggio stabile e duraturo degli organi prolassati e per il fatto di non alterare la compliance vaginale, è particolarmente indicato nelle donne relativamente giovani che abbiano ancora una conservata attività sessuale e lavorativa.
Intervento alternativo alla colposacropessia è la istero-colpopessia sacrale che evita l'isterectomia (Bonney 1934, Van Lindert 1993, Carey 1994, Banu 1997) e sempre più, negli ultimi anni, sta assumendo un ruolo in pazienti accuratamente selezionate.
Complicazioni
Le maggiori complicanze della sacropessia sono rappresentate da:
1) erosione del graft (espulsione, decubito, rigetto) riportato dal 2.7% (Snyder e Krantz, 1991) al 15% (Imparato, 1992). Occelli (1999) riporta un 16.7% di rigetto usando il Gore-tex, contro l'1.1 % usando il Mersilene. Altri Autori riportano l'infezione del mesh: Creighton (1991) 1 caso su 23, Randall e Nichols (1971) 1 su 60, Drutz (1992) 1 su 15.
2) sanguinamenti della regione presacrale. Possono essere evitati con una tecnica chirurgica corretta e poco invasiva. Per evitare questo inconveniente, alcuni autori propongono accorgimenti diversi quali l'uso di ancorette in titanio (Smith 1996)
3) rischi comuni a tutta la chirurgia maggiore quali la trombosi venosa profonda (che diminuisce con una profilassi adeguata e con la diminuzione dei tempi operatori) che può comunque talora gravare anche sulla chirurgia vaginale, ed il laparocele, più comune nelle pazienti già operate.
Le complicanze minori comprendono:
1) i disturbi ostruttivi a tipo disuria, in genere transitori e trattati con autocateterismi di completamento;
2) una modesta stress incontinence che può persistere o comparire de novo, spesso associata ad una ipovalidità dello sfintere;
3) i cistoceli recidivi, soprattutto di tipo centrale e spesso asintomatici. Sono più frequenti nelle isterocolposacropessie dove manca lo scollamento della parete vaginale anteriore e dove la trazione viene esercitata soprattutto posteriormente.
I rettoceli sono più comuni nei casi in cui non viene eseguita la culdoplastica secondo Moskovitz;
4) la stipsi viene riportata fino al 24% dei casi (Snyder 1991) e può essere migliorata con adeguato supporto gastroenterologico.
Raramente viene riportata come complicanza di questo intervento la dispareunia.
COLPOSACROPRESSIA vs SOSPENSIONE AL SACROSPINOSO (TAB. 2-3)
Colposacropessia
VANTAGGI
1) Il materiale sintetico ancorato alla faccia anteriore del sacro garantisce un normale asse di orientamento alla vagina riposizionata,
2) L'uso delle benderelle rende il sacro idoneo a sostenere la vagina senza la tensione inappropriata che altrimenti sarebbe necessaria per accollare i due organi.
3) è ottenuta la massima profondità vaginale e questo obiettivo è tanto più importante in considerazione del fatto che spesso le pazienti hanno avuto già precedenti interventi più o meno riduttivi della vagina. Come dimostrato anche dagli studi anatomici di Given e coll. la colposacropessia è l'intervento che garantisce meglio una adeguata profondità vaginale anche rispetto all'intervento di fissazione al legamento sacro spinoso descritto da Nichols. Ciò è dovuto alla maggiore distanza che separa l'introito vaginale dalla concavità del sacro rispetto al legamento sacrospinoso.
4) I risultati a distanza dimostrano una buona correzione anatomica e soprattutto la stabilità dell'ancoraggio nel tempo (Birnbaum, Addison, Snyder ).
Lo SVANTAGGIO principale è rappresentato dal fatto di essere un intervento abbastanza complesso. Nel caso in cui però possa essere lasciato l'utero, l'intervento diventa meno impegnativo e di più facile esecuzione.
Sospensione al legamento sacrospinoso
VANTAGGI:
1) risultati sovrapponibili alla chirurgia addominale
2) possibilità di correggere simultaneamente altri difetti pelvici senza cambiare posizione alla paziente,
3) evitando la laparotomia si hanno minori complicanze e minore impegno post-operatorio. Rispetto alla via addominale evita una chirurgia maggiore ed è utile nelle paziente obese e anziane.
4) preservazione della lunghezza vaginale e della funzione sessuale.
SVANTAGGI:
1) latero-deviazione dell'asse vaginale;
2) in qualche caso è stato evidenziato accorciamento o stenosi della vagina. Per quanto riguarda l'accorciamento della vagina è soprattutto evidente nelle pazienti con pelvi di tipo antropoide o androide che hanno una breve distanza tra legamento sacrospinoso e introito vaginale. In questi casi si preferisce eseguire una sospensione della volta vaginale tipo Mc-Call alta (Liu 1996).
3) recidive del prolasso.
La sospensione transvaginale al legamento sacrospinoso offre sicuramente risultati validi per quanto riguarda il mantenimento di una adeguata profondità vaginale, ma è gravato da numerose recidive a distanza, per cedimento dell'ancoraggio vaginale. Tale problematica diventa sempre più evidente aumentando il periodo di osservazione dal momento dell'intervento. La recidiva del cistocele è riportata dal 6 al 92% (Holley 1995), della volta vaginale dallo 0 al 19%, dell'enterocele dal 6 al 10% e del rettocele dal 5 al 17%. In uno studio retrospettivo di Paraiso (1996) si mette in evidenza come su 243 donne trattate con sospensione al legamento sacrospinoso sono anatomicamente normali (senza alterazione dei vari segmenti vaginali) ad 1 anno l'88.3%, a 5 anni il 79.7% e a 10 anni il 51.9%. La maggior parte delle recidive (Benson 1996, Paraiso 1996, Sze 1997) interessano la parete vaginale anteriore forse perchè lo spostamento posteriore predispone la parete anteriore a pressioni maggiori all'interno della cavità addominale. Altro possibile motivo potrebbe essere la neuropatia prodotta dalla dissezione vaginale (Benson 1996).
LAVORI CHE METTONO A CONFRONTO LE 2 TECNICHE:
Randall e Nichols (1971): 18 sospensioni al sacrospinoso e 22 sacropessie (bendelette ancorate all'apice vaginale). Gli autori concludono che la sacropessia assicura la lunghezza vaginale ma non l'asse orizzontale. Oggi queste critiche sono cadute per la diversa tecnica adottata.
Imparato (1992): 179 sospensioni al sacrospinoso e 71 interventi addominali.
Gli autori concludono mostrando risultati a lungo termine comparabili ma riportano una maggiore incidenza (anche se con una differenza modesta) di complicanze e recidive nel gruppo addominale. Hardiman (1996): 130 sospensioni al sacrospinoso e 80 sacropessie.
Gli Autori riportano una bassa incidenza di complicanze intra e post-operatorie con ambedue le tecniche. Per quanto riguarda le recidive del prolasso vengono riportate 3 (2,4%) per il sacrospinoso e 1 (1,3%) nella sacropessia, con un follow-up medio di 2,2 anni per il sacrospinoso e di 3,9 anni per la sacropessia.
Benson (1996): Unico studio randomizzato, 48 sospensioni al sacrospinoso e 40 colposacropessie in pazienti con prolasso uterovaginale o prolasso della volta. Valutabili sono 42 e 38 rispettivamente. Follow-up medio 2,5 anni (range 1-5,5 anni).
Nel gruppo vaginale vengono riportate più infezioni urinarie, maggiore permanenza del catetere vescicale, maggiore incontinenza post-operatoria. Non ci sono comunque significative differenze per le complicanze tra i due interventi.
12 pazienti del gruppo vaginale (29%) sono state rioperate per cistocele recidivo contro 4 (10,5%) del gruppo addominale. Il prolasso della volta vaginale recidivo si è avuto in 5 pazienti (12%) del gruppo vaginale e solo in 1 (2,6%) del gruppo addominale.
BIBLIOGRAFIA (In ordine alfabetico)
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LINEE GUIDA ALLA CHIRURGIA LAPAROSCOPICA
IN UROGINECOLOGIA
Gaspare CUCINELLA
Divisione di Ostetricia e Ginecologia, Osp. Villa Sofia Palermo
Rationale:
Vantaggi legati alla tecnica chirurgica laparoscopica rispetto alla tradizionale:
- minore invasività,
- minore trauma tissutale chirurgico e ridotto sanguinamento,
- migliore visualizzazione delle strutture anatomiche,
- danno estetico minimale,
- veloce recupero funzionale degli organi coinvolti,
- riduzione dei tempi di ospedalizzazione,
- riduzione dei costi gestionali,
- ripresa rapida dell'attività socio-lavorativa.
Indicazioni generali alla chirurgia laparoscopica:
tutti i casi in cui si pone una indicazione al trattamento chirurgico, con esclusione delle pazienti con gravi patologie cardiache o dell'apparato respiratorio per le quali sono controindicate la posizione di Trendelenburg e lo pneumoperitoneo che riducono le escursioni diaframmatiche, e quindi la ventilazione polmonare, e determinano importanti modificazioni cardiocircolatorie.
La ipotermia conseguente alla elevata perfusione intraddominale con CO2 sembra invece un fattore favorente in quanto riduce il consumo di ossigeno tissutale ed è un fattore di protezione per l'encefalo ed il miocardio.
L'obesità e le sindromi aderenziali addominali, considerate in passato controindicazioni relative a questo approccio chirurgico, oggi sono superate dalla miglioramento tecnologico dello strumentario.
Indicazioni specifiche per
A - la riparazione dei difetti del segmento anteriore del pavimento pelvico (correzione della IUS di I° e II° tipo) :
1. - colpouretrosospensione retropubica (Burch's procedure) nel difetto centrale
2. - paravaginal repair nei difetti laterali.
L'indicazione a queste tecniche chirurgiche laparoscopiche va posta sulla scorta della esatta definizione diagnostica, anatomica e funzionale, della IUS come per la chirurgia tradizionale.
I vantaggi della tecnica laparoscopica consistono in una migliore visualizzazione dello spazio di Retzius la cui dissezione è facilitata dallo insufflazione della CO2, da una più precisa identificazione delle strutture anatomiche per la magnificazione dell'immagini, da un minore sanguinamento per un più ottimale controllo dell'emostasi.
L'accesso trans o extraperitoneale allo spazio di Retzius dipende dalla esperienza del chirurgo ed è determinato dalla necessità di effettuare altre procedure chirurgiche pelviche. Nella maggior parte dei casi l'accesso transperitoneale è indispensabile in quanto la riparazione chirurgica dei difetti anteriori del pavimento pelvico impone, come momento preventivo o terapeutico, la riparazione di difetti medi o posteriori.
L'utilizzo di mezzi di sospensione (mesh sintetiche) diversi dai tradizionali fili di sutura non riassorbibili, in considerazione del miglioramento
tecnologico di quest'ultimi e della migliore precisione nella esecuzione dei nodi endoscopici, non appare una valida alternativa in quanto non permette
una altrettanto fine regolazione del grado di sospensione.
B - la riparazione dei difetti del segmento superiore del pavimento pelvico (prolasso della cupola vaginale e dell'isterocele di I° grado):
1. - Promontosospensione della volta vaginale:
a. - sacrosospensione del moncone vaginale;
b. - sacrosospensione cervicoistmica
Queste tecniche chirurgiche hanno la finalità di ristabilire il normale asse e profondità della vagina e garantire il mantenimento di una soddisfacente funzione sessuale.
La tecnica laparoscopica ricalca i tempi chirurgici della chirurgia tradizionale laparotomica di cui condivide le indicazioni, ma presenta oltre i vantaggi generali suddetti anche quello di una più precisa identificazione anatomica delle strutture retroperitoneali (vasi presacrali, ureteri, vene iliache) diminuendo notevolmente il rischio di complicanze intraoperatorie. La dimestichezza con le tecniche laparoscopiche, sia di dissezione che di sutura, assieme ad una esatta conoscenza delle strutture anatomiche, condiziona non solo l'esito positivo dell'intervento ma anche la durata dello stesso. Pertanto questa è una chirurgia da approcciare dopo una adeguata esperienza.
Rispetto alla colpofissazione per via vaginale al sacrospinoso questa tecnica ha il vantag810 un ripristinare un più fisiologico asse vaginale non lateralizzandolo.
C. - la riparazione dei difetti del segmento posteriore del pavimento pelvico (elitrocele e rettocele medio):
1. - sospensione alta della volta vaginale sec.McCall
La tecnica laparoscopica consente una precisa identificazione dei ligamenti uterosacrali e consente una migliore identificazione e protezione dell'uretere soprattutto quando c'è la necessita di porre una serie multipla di punti per meglio ancorare la vagina ed obliterare lo spazio del Douglas. Questa tecnica di sospensione posteriore alta va in ogni caso effettuata quasi sempre quando si pratica una riparazione anteriore del pavimento pelvico per il trattamento della IUS, per prevenire la comparsa di un elitrorettocele de novo.
2. - riparazione del rettocele medio con ricostruzione del setto rettovaginale.
Lo spazio rettovaginale può essere dissecato laparoscopicamente e la fascia rettovaginale può essere riancorata alla fascia dell'ileococcigeo. La procedura laparoscopica è tanto più indaginosa quanto più il difetto è basso per la necessità di dissezione perirettale dove i plessi vascolari venosi sono particolarmente presenti. Pertanto in questi casi l'approccio vaginale, sicuramente più agevole, è a tutt'oggi da preferire.