Antonio Onorato Succu, Laura Urrai, Annita Dessì, Antonio Campiglio, Gian Franco Puggioni*
Dipartimento Cure chirurgiche, UOC Ostetricia e Ginecologia, Ospedale S. Martino, Azienda Sanitaria di Oristano, Via Fondazione Rockfeller, 09170 Oristano
Introduzione e Obiettivi
Il prolasso degli organi pelvici è patologia molto frequente e invalidante per la qualità di vita femminile potendosi anche associare a vari disturbi
urinari, tra cui in particolare infezioni urinarie recidivanti, incontinenza urinaria da sforzo (IUS), da urgenza o mista, ritenzione urinaria. E’ fondamentale
individuare e prevedere con un attento esame clinico e un adeguato follow-up post-chirurgico sia l’interessamento di più compartimenti vaginali che la
possibile coesistenza di problematiche urinarie, associate o manifestatesi a posteriori, prevedendone perciò la correzione. In questo lavoro ci occupiamo
del prolasso genitale anteriore e apicale: infatti spesso si assiste ad un interessamento del compartimento centrale accanto a quello anteriore (cistocele),
Le soluzioni chirurgiche proposte in passato e in parte valide tuttora sono state numerose e hanno compreso sia l’utilizzo dei tessuti nativi (chirurgia
fasciale) che l’impianto, sopratutto negli ultimi 15 anni di mesh sintetiche. Abbiamo pensato di fare il punto sulla nostra esperienza chirurgica nella
correzione del prolasso vaginale di grado elevato (III e IV grado) in cui si è optato per la soluzione protesica con ancoraggio su due o tre livelli anatomo-funzionali.
Dati preliminari e non conclusivi per la disomogeneità del campione, che comprendeva anche casi di prolasso meno severo, e per la durata del follow-up
ancora troppo breve, erano gia stati analizzati e proposti. Ma nel presente studio il periodo di osservazione è stato portato a 4 anni, considerando inoltre
un campione più omogeneo, costituito da donne con prolasso vaginale anteriore e apicale avanzato. Un ulteriore elemento di novità è costituito dalla conservazione
dell’utero che è stata l’opzione di fondo per tutte le donne sottoposte ad intervento chirurgico di correzione dei profili vaginali. Questa scelta è stata
basata su precisi studi di anatomia funzionale che hanno evidenziato il ruolo della cervice uterina come centro strategico nel mantenimento del supporto
pelvico e snodo dell’innervazione del pavimento pelvico1-2.
Metodi
Il nostro studio è una valutazione retrospettiva in cui una coorte omogenea per gravità del prolasso, costituita da 39 donne, è stata seguita dopo
l’intervento chirurgico per un periodo medio/lungo al fine di consentire delle riflessioni maggiormente conclusive sull’efficacia delle mesh sintetiche
nella correzione del prolasso. Sono state utilizzate due tipologie di mesh, con fissaggio-sospensione su due (membrana/muscolo otturatorio e legamento
sacrospinoso) rispettivamente su tre livelli (arco tendineo laterale, anteriore quasi retro pubico e legamento sacro spinoso). A questo fine è stata condotta
una valutazione obiettiva per considerare l’esito anatomico e una valutazione soggettiva mediante l’impiego di un breve questionario che aveva lo scopo
di registrare il punto di vista della paziente attraverso domande sulla qualità di vita e i sintomi più comuni associati alla presenza di una recidiva
del prolasso. Si è tenuto conto inoltre dei disturbi urinari che eventualmente erano emersi a distanza di tempo dall’intervento chirurgico: Questi comprendevano
l’incontinenza urinaria nelle sue varie forme anche associate e l’incompleto svuotamento della vescica che provocava ritenzione e sensazione di urgenza.
Si è provveduto infine ad una intervista telefonica espletata poco prima della stesura di questo lavoro, al fine di analizzare e registrare la presenza
di sintomi e disturbi genito-urinari, in un setting, quello familiare e occupazionale, che rappresenta l’ambiente naturale di vita della donna.
Risultati
La tabella 1 riporta le caratteristiche iniziali delle donne sottoposte ad intervento per prolasso genitale anteriore e centrale, e considerate nel
presente studio. Tra i fattori di rischio nella nostra popolazione emerge in accordo con i dati della letteratura, la pluriparità con una storia di tagli
cesarei molto bassa. Il confronto con i report di altri Autori segnala l’età più avanzata per le nostre pazienti (età media 68,2 anni) e questo unitamente
ai dati sull’efficacia delle protesi a distanza di anni dalla correzione chirurgica dei profili vaginali interessati, parrebbe un elemento che conferma
la validità del nostro approccio. L’isterectomia contestuale all’intervento di impianto della mesh non è stata mai eseguita com’era nelle premesse del
presente studio e come emerge dalla tabella 2 dove è indicata anche la durata media degli interventi eseguiti e le complicanze intraoperatorie che sono
risultate assenti. I grafici 1 e 2 mostrano rispettivamente il grado del prolasso trattato e i compartimenti vaginali interessati e i sintomi urinari
associati (tipi di incontinenza urinaria). Infine il grafico 3 evidenzia il cure rate oggettivo e soggettivo nel corso del follow-up considerato e al
termine del periodo di osservazione. Il tasso di cura resta costante nel corso degli anni e si attesta al di sopra dell’80%.
Tab.1: Caratteristiche della coorte |
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Media (Range) |
Età (anni) |
68,2 (46-85) |
Precedenti parti vaginali |
2,8 (0-7) |
Precedenti tagli cesarei |
0,1 (0-1) |
Tab.2: Dati correlati all’intervento |
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Media (Range) |
Durata intervento (min) |
52,33 (22-105) |
Contemporanea isterectomia |
0 |
Complicanze intraoperatorie |
0 |
Grafico 1: Grading dei prolassi trattati
Grafico 2: Sintomi urinari associati
Discussione
Nel medio-lungo periodo non si sono riscontrate complicanze come estrusione o migrazione delle mesh e l’efficacia è risultata buona e costante nel
tempo. Superato infatti il primo anno di follow-up l’esito anatomico e funzionale soddisfacente sembra essere raggiunto con maggiore facilità. Un fattore
che riteniamo importante per il successo dell’intervento è rappresentato dal perseguimento di una bassa invasività, attraverso una preparazione degli
spazi anatomici rispettosa dell’innervazione pelvica ed evitando lesioni vascolari durante la preparazione degli spazi paravescicali Nella valutazione
dei risultati non abbiamo osservato una differenza sensibile tra gli esiti della sospensione su due livelli rispetto alla sospensione su tre livelli.
Il buon esito nella correzione del prolasso vaginale anteriore e centrale è in accordo con quanto emerge dagli studi riportati in letteratura. L’impiego
delle mesh sintetiche sembra un approccio valido e duraturo nel tempo al fine di correggere il prolasso di alto grado che interessa i compartimenti vaginali
anteriore e centrale. A differenza della cura del prolasso posteriore che presenterebbe una maggiore frequenza di complicanze, nella terapia chirurgica
del prolasso vaginale anteriore i tassi di cura sarebbero superiori alla chirurgia che utilizza i tessuti fasciali nativi. Inoltre le complicanze a condizione
che si rispettino alcuni requisiti di selezione delle pazienti e di procedura chirurgica sarebbero inferiori rispetto alla chirurgia fasciale3-4. Ci
sembra di poter suggerire le seguenti avvertenze basandoci sulla nostra esperienza e sugli studi di anatomia funzionale che abbiamo considerato contestualmente
alla nostra prassi chirurgica: 1. Conservazione dell’utero se esente da patologia. 2. Dissezione atraumatica e avascolare. 3. Rispetto del nervo elevatore
dell’ano (durante l’ancoraggio al legamento sacro-spinoso) con un margine di sicurezza adeguato medialmente alla spina ischiatica. 4. Distensione corretta
della mesh evitando tensioni eccessive e avvallamenti. 5. Lasciare libero il collo vescicale (fattore di continenza). Punti di debolezza del presente
studio sono legati sopratutto al disegno che non è prospettico e alla numerosità campionaria che non consente ancora di trarre delle conclusioni più
robuste sulla correzione del prolasso genitale anteriore mediante tecnica protesica.
*Per la corrispondenza gfpuggioni@tin.it
Bibliografia